giovedì 14 giugno 2012

Guido Scorza dà i numeri.

Il commento di oggi è un post di Guido Scorza che ci dà un po' di numeri sul Parlamento in carica.


Su 630 Deputati italiani, non ce n’è neppure uno tra i 25 ed i 29 anni, ce ne sono solo 42 – ovvero poco più del 6% – tra i 30 ed i 39, 108 con un’età compresa tra i 40 ed i 49 anni, 255 ultra 50enni e 181 ultra 60enni.
Il risultato è che la quasi totalità dei deputati [n.d.r. esattamente il 93.34%] ha più di quarant’anni e quasi il 65% ha più di cinquant’anni.
Vien da chiedersi quale sia il senso di avere una Camera dei Deputati ed un Senato se l’età media dei deputati è largamente al di sopra del limite di età – 40 anni – necessario a poter diventare senatore.

E' un dato da sempre sotto gli occhi di tutti noi cittadini, confermato anche dai numeri: i giovani non sono presenti e rappresentati nemmeno in minima parte. A mio avviso avviene prevalentemente per la totale indifferenza dell'attuale generazione politica a cambiare volti e persone.




E’ il risultato curioso – ma non certamente nuovo né sorprendente – di alcuni dei dati pubblicati dalla Camera dei Deputati nei giorni scorsi.
Tra le statistiche pubblicate dal Senato della Repubblica non vi sono, invece – forse per ragioni di pudore – analoghi dati sull’età media dei nostri senatori.
Sfogliando qualcun altro dei numeri dati dalla Camera dei Deputati, viene fuori che oltre il 30% dei Deputati – forse anche complice la loro età media – non è laureato che la professione più gettonata è quella di avvocato – ce ne sono 85 -, seguita da quella di dirigente – ce ne sono 81 – e da quella di imprenditore, con 74 presenze.
Seguono i giornalisti (62), i docenti universitari (44) ed i funzionari di partito (42).
Farebbe piacere vedere, di tanto in tanto, qualche operaio, qualche artigiano. Così, giusto per rappresentare tutte le esigenze possibili.

Interessante rilevare che 47 deputati hanno indicato, all’atto di assunzione dell’incarico, di svolgere due professioni diverse e 3, ben tre professioni diverse.
Tutte, realisticamente, destinate a convivere con il mandato di Deputato.
Non sorprende, quindi, che la nostra Camera dei Deputati non sia esattamente un esempio di superlavoro.
Soprattutto a questi 47 deputati non conferirei lo stipendio  nè la pensione da parlamentare qualora continuassero il proprio lavoro (o i propri lavori) in parallelo all'attività di parlamentare. Stipendio e pensione sono pensati per chi interrompe o riduce fortemente la propria professione, non certo per chi le porta avanti.

L’aula di Montecitorio, nel 2011, si è infatti riunita 153 volte per complessive 743 ore e 10 minuti, il che, diviso per otto ore – parametro di una giornata media di lavoro – significa che in aula i nostri Deputati ci hanno passato, più o meno, 90 giornate lavorative di un italiano medio.
L’aula di Palazzo Madama, nello stesso 2011, si è, invece, riunita 168 volte per poco più di 442 ore in tutto.

Provate a far lavorare un qualsiasi quivis de populo 90 giorni l'anno. 

Certo, ovviamente, il mandato Parlamentare non si esaurisce né si svolge tutto in aula.
Uno dei dati più inquietanti è, tuttavia, quello relativo all’attività legislativa che dovrebbe rappresentare la funzione tipica del nostro Parlamento, svolta dalla Camera dei deputati.
Nel 2011 l’Assemblea di Montecitorio ha deliberato 86 disegni di legge dei quali – ed è questo il dato più allarmante – solo 27 di iniziativa parlamentare mentre i rimanenti sono tutti di iniziativa governativa o di conversione di decreti legge.
Sembra, dunque, che, ormai, anche l’esercizio del potere legislativo sia, prevalentemente, nella disponibilità del Governo con buona pace del principio della tripartizione dei poteri sui quali dovrebbe fondarsi l’equilibrio costituzionale e democratico del nostro Paese.

Motivo ulteriore per rendere gratuito il mandato di quei 47 parlamentari che hanno il doppio o il triplo lavoro.

Non è, d’altra parte, diversa la situazione se si guarda all’attività svolta dal Senato della Repubblica che nel 2011 ha complessivamente deliberato 70 leggi delle quali solo 18 di iniziativa parlamentare mentre tutte le altre sono di iniziativa governativa.
Impone qualche riflessione – specie in relazione a certe dotte discussioni circa l’esigenza di governare una crisi economica come quella attuale o certi fenomeni connessi alla diffusione delle nuove tecnologie attraverso le leggi – anche il dato relativo al tempo medio di approvazione di una legge di iniziativa parlamentare.
Al Senato, per riuscire nell’impresa, ci servono più di 350 giorni.
Un ultimo dato inquietante riguarda il numero di volte nelle quali i Governi hanno posto questioni di fiducia, mettendo così nell’angolo il Parlamento e “imponendo”, di fatto, la propria volontà.
Il Governo Monti – in carica solo dal 16 novembre 2011 – lo ha già fatto 16 volte mentre il precedente Governo Berlusconi, lo aveva fatto – tra il maggio del 2008 ed il novembre del 2011 – 39 volte.
Per gli amanti delle statistiche, il Governo Berlusconi ha utilizzato la fiducia con una media di 0,92 volte al mese. Il Governo Monti con una media di 2.66 al mese. Se Monti goverasse esattamente per lo stesso periodo del Berlusconi IV, e mantenesse ovviamente la media, si arriverebbe a 111 questioni di fiducia.

Inutile dire – e forse questo dovrebbe indurre qualche riflessione anche sull’istituto della fiducia – che i dati pubblicati dal Senato raccontano che tutte le volte che il Governo ha posto una questione di fiducia, il Parlamento gliel’ha accordata.

Più che sull'istituto della fiducia, io rifletterei sulla qualità del lavoro parlamentare. Scarso nei numeri e lento nella tempistica, e - tutto sommato - nemmeno di chissà quale fattura. 

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